Goals by Gianluca Vialli

Goals by Gianluca Vialli

autore:Gianluca Vialli [Vialli, Gianluca]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Saggistica, Biografia
ISBN: 9788852091575
editore: Mondadori
pubblicato: 2018-11-27T05:00:00+00:00


SOMEONE IS SITTING IN THE SHADE TODAY BECAUSE SOMEONE PLANTED A TREE A LONG TIME AGO.

CI SI PUÒ SEDERE ALL’OMBRA PERCHÉ QUALCUNO TANTO TEMPO FA HA PIANTATO UN ALBERO.

Warren Buffett

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Pierre de Frédy, barone de Coubertin, crebbe in tempi complicati. Da bambino – era nato nel 1863 – vide crollare il Secondo impero di Francia e assistette alla grande rivincita della Prussia. Era il 1871 e l’orgoglio transalpino macerava nell’ombra dei platani secolari con cui il primo Napoleone aveva fatto abbellire i grandi viali dell’impero. Frequentò una scuola eccellente, e si formò, con qualche dubbio, in storia e in pedagogia, due materie che raramente venivano accostate in una sola persona: di storia, niente da dire, ma di pedagogia, ovvero dell’arte di insegnare ai ragazzi, di tirarli su ed elevarli a uomini, era uno dei primi a saper dire la sua.

Viaggiò molto, e volentieri, sfruttando così nel modo migliore i privilegi della sua famiglia. Dopo aver visitato e studiato le strutture accademiche della Gran Bretagna e degli Stati Uniti, i loro campus e college, la loro azzimata e millimetrica preparazione al rispetto e alle regole, Pierre maturò la convinzione che l’educazione francese avesse almeno una grande pecca. Si convinse, cioè, che la sconfitta subita a opera dei prussiani fosse stata causata dalla migliore preparazione fisica degli avversari. E per argomentare questo suo profondo convincimento portò come prova proprio i college e le università angloamericani, dove si praticava sport, molto sport, e gli studenti erano in salute e vigorosi. Insomma, intuì che era qualcosa più di una semplice filosofia di vita quella contenuta nella massima latina “mens sana in corpore sano”.

Sfruttando le leve del suo lignaggio e le sue naturali conoscenze, il barone de Coubertin si batté quindi perché a scuola si facessero molte più ore di atletica e ginnastica. E nel frattempo il destino, il caso, o quella strana forza che di tanto in tanto collega tra loro gli estremi e i nemici, fece ritrovare, nel corso di una spedizione archeologica dell’appena formato impero tedesco – che comprendeva anche i prussiani! – le vestigia di Olimpia, la città sacra dove, nell’antichità, si disputavano le gare degli atleti, quelle competizioni per le quali veniva sospesa qualsiasi guerra in corso: i corpi nudi cosparsi di oli profumati, gli scudi di bronzo che riflettevano la luce di mille fiaccole. E se nel mondo antico i Greci riuscivano a mettere la politica in secondo piano, per godersi le gare di atletica, perché non farlo di nuovo? Perché non riportare in vita, dalla storia polverosa, lo spirito del popolo che aveva inventato l’idea stessa di civiltà?

Il barone de Coubertin studiò per bene la sua intuizione e, per farla conoscere e comprendere a quel mondo derelitto che lo circondava, organizzò un congresso internazionale alla Sorbona di Parigi, la più prestigiosa università di Francia. E lì parlò delle Olimpiadi – rapito lui e rapito il pubblico – facendo balenare in quella stanza accademica la sua idea di riportare in vita i Giochi. Quando smise di parlare, capì immediatamente di avercela fatta.



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